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martedì 13 dicembre 2011

QUANDO DIO DORME

Raccontino scritto in venti minuti (e non riletto, quindi non corretto), giusto per farvi capire quanto sia importante correggere i testi scritti. Di sicuro ci saranno decine di errori.

QUANDO DIO DORME

«Adesso basta! Sono stufo di partecipare a questa pagliacciata, me ne vado e non mi vedrete mai più.»
È buio nello studio. Tutti i personaggi sono seduti in cerchio, si guardano l’uno con l’altro. A quell’ora della notte non si fanno distinzioni di sorta, i protagonisti siedono volentieri accanto alle comparse, gli eroi con gli antagonisti, i morti con i vivi.
È stata una giornata sfiancate quasi per tutti, il loro creatore ha superato un momento di incertezza iniziale e si è buttato a capofitto sulla sua creatura.
Quarantadue pagine in dodici ore di lavoro non sono uno scherzo.
È notte, ma loro non possono addormentarsi, a meno che Dio non scriva il contrario, però possono tirare le somme su quello che devono vivere, su quello che devono fare.
A lamentarsi è Goffredo. Nessuno si stupisce, l’ha fatto sin dalla prima pagina.
È stato sfortunato il povero Goffredo, la parte dell’uomo sposato di mezza età che di notte esce in auto per andare a trans è la sua.
A rispondergli è il commissario Sergio Mori. È lui il protagonista, l’eroe positivo senza macchia e senza paura.
«Vedi di stare zitto Goffredo.» Gli fa con un sorrisetto carico di sfida, calcando la voce sul suo antiquato nome. «Sei solo un personaggio di contorno, la linea comica. Se fossi tolto dalla storia solo i trans ci farebbero caso.» Conclude ridendo.
Nessun’altro ha commenti da fare su questo proposito, sono tutti stanchi della boria di Mori e dell’orgoglio ferito di Goffredo.
Solamente quest’ultimo, rosso in viso dall’imbarazzo, mormora uno sbiascicato «Fottiti.» Per poi allontanarsi dal gruppo.
Gli altri sanno che tornerà, non è lui che decide, e dopotutto è un buon lavoratore.
È la signorina Crassi a riaprire le danze, è uno degli ultimi personaggi apparsi fino a quel momento. Neanche lei è fondamentale per lo svolgimento della storia, ha preso parte solo a qualche riga di dialogo fino a quel momento, ma sembra molto sicura di sé.
«Mi spiegate perché tutte le ragazze attraenti delle sue storie sono alte, bionde e con gli occhi azzurri? Cioè, un po’ di bellezza mediterranea non poteva mettercela?» Dice guardando torva Valentina, la protagonista femminile che, poco ma sicuro, entro un’altra trentina di pagine finirà a letto col commissario.
La risposta acida non si fa attendere.
«Volevi essere tu la bellona di turno vero? Lui ti ha creata racchia, bassa e bibliotecaria. Non esattamente una femme fatale. E poi come lo sai che le donne delle sue storie sono come le hai descritte?»
«Proprio perché faccio la bibliotecaria stupida oca tettona! Ho trovato i suoi vecchi libri sugli scaffali e gli ho dato un’occhiata mentre tu e quell’ebete di Mori svolgevate le vostre ricerche. Mai un guizzo d’ingegno, mai un finale inaspettato. Credo proprio che sia una vergogna essere stati partoriti dalla sua immaginazione.»
«A chi hai detto stupida oca?» Fa Valentina scagliandosi verso la Crassi. A fermarla ci pensa il suo bel commissario.
«Lasciala stare. È già talmente brutta di suo che è inutile peggiorare la situazione mettendole le mani addosso.»
«Se i lettori potessero vedere come siete realmente  dubito che spenderebbero anche solo cinque secondi del loro tempo per leggervi.»
L’assassino, il cui nome non è ancora stato svelato si intromette e cerca di mettere pace.
«Dai, adesso calmatevi  tutti. Siamo tutti qui soltanto per fare qualche critica costruttiva, non per insultarci a vicenda.»
La situazione si attenua un poco, ma l’uomo non si fa illusioni.
Quel romanzo era partito bene, ma sta diventando sempre più scadente. In questo sono, più o meno, tutti d’accordo.
«Non mi piace proprio questa storia.» Dice l’assassino strofinandosi il mento. «Non sono fatto per uccidere, ma è ugualmente la mia natura. Dovevo nascere così,  indipendentemente da chi mi avrebbe creato. Certo, mi avesse creato uno scrittore con un briciolo di talento in più…»
«Questa cosa non mi consola per niente.» Gli risponde una delle prostitute uccise, si guarda la punta delle scarpe coperte di sangue.
«Mi dispiace. Spero di non averti fatto troppo male con quella mannaia.»
«Non pensarci, non è colpa tua. Dio, quanto avrei preferito essere stata creata da bravo autore di storie d’amore invece di finire in questo polpettone pulp.»
«Non dirlo a me.» Gli fa eco il padre della protagonista. «Pensa che, per qualche secondo, il mio personaggio era stato immaginato da Stephen King. Vi rendete conto? Stavo per recitare in un best seller.»
«Si certo, bella cazzata.»
«Ti giuro che è la pura verità. La mentre di King mi stava partorendo. Sono stato “scippato” proprio all’ultimo momento da questo scribacchino da strapazzo.»
«Ma se interpreti uno spazzino emigrato da Matera. Adesso spiegami cosa se ne faceva King di uno spazzino che viene da Matera.»
Tutte le buone intenzioni dell’assassino non hanno buon esito; le discussioni e i dibattiti si accendono sempre di più, le parole si fanno confuse e si sommano le une sopra le altre rendendo ogni discorso incomprensibile. Ormai c’è chi sta passando alle mani per esprimere i suoi concetti a suon di pugni.
A fermali è un grido furente.
Tutti si voltano,  vedono Goffredo.
«Adesso basta.» Fa rivolto ai suoi colleghi. «Tra poco si ritorna al lavoro. Non vedete la luce che si è accesa nell’altra stanza? È Dio che si sta svegliando.»

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