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sabato 7 giugno 2014

IL GRANDE INVERNO - GEORGE R.R. MARTIN

Scritto nel 1996, pubblicato in Italia da Mondadori nel 2000

(NB: Secondo libro della saga - Le cronache del ghiaccio e del fuoco - pericolo spoiler!)

Dalla quarta di copertina: Nella terra dove le stagioni possono durare intere generazioni divampa la guerra tra la bella e corrotta regina Cersei Lannister e i lord dei Sette Regni fedeli ai coraggiosi signori di Grande Inverno. Intanto, nelle grandi pianure orientali, la principessa Daenerys Targaryen, ultima discendente della dinastia del Drago, si prepara con i suoi poteri straordinari alla riconquista del regno dei suoi avi. Ma la vera minaccia sono gli Estranei che avanzano da nord, esseri misteriosi, per secoli ritenuti a torto frutto della fantasia. Odiano la vita, il calore, il fuoco, l'estate, perché essi sono la morte, il freddo, il ghiaccio e il gelido inverno. La fine della lunga estate è vicina, l'inverno sta arrivando e non durerà poco: solo un nuovo prodigio potrà squarciare le tenebre. Intrighi e rivalità, guerre e omicidi , amori e tradimenti, presagi e magie si intrecciano anche nel secondo romanzo della saga "Le cronache del Ghiaccio e del Fuoco", avvincente e crudo come i più grandi poemi epici.

Secondo romanzo dell'edizione italiana, questo "Il grande inverno" non è altro che la seconda parte di "Games of thrones", scisso in due parti da noi per motivi squisitamente commerciali.
Va da se che quello che ho già detto per Il trono di spade vale anche per questa seconda parte. L'unica differenza è che cominciamo a conoscere meglio i personaggi (cosa non semplice, visto il loro considerevole numero) e la loro multisfaccettata psicologia. Inoltre, alcune morti eccellenti ci fanno capire che la penna di (quel ciccione sadico Cit.) Martin è davvero libera e che nessuno, nel mondo da lui creato, può dirsi al sicuro.
Sta proprio qui la bravura dello scrittore americano: far restare il lettore in uno stato di totale soggezione, riuscire a farlo davvero tremare per la sorte dei suoi idoli perché "Nel gioco del trono o si vince o si muore" e chiunque abbia incominciato a sfogliare queste pagine, o a vedere il telefilm tratto da esse, sa che questo motto non è composto da parole vuote.

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lunedì 2 giugno 2014

LA MORTE E' UN'OPZIONE ACCETTABILE - GABRIELLA GRIECO

Pubblicato nel 2013 dalla casa editrice I Sognatori

Dalla pagina del sito: Una donna entra in una stazione di polizia italiana e sequestra tre persone. E' sola contro centinaia di agenti, ma nessuno può intervenire. La ragione? Semplice: la donna stringe in mano un detonatore; il detonatore è collegato a dell'esplosivo; l'esplosivo è assicurato a una cintura; la cintura gira intorno al torace dei sequestrati. Il pulsante del detonatore è già stato schiacciato: nel momento in cui il pollice dovesse allentare la presa, i sequestrati salterebbero in aria. Alla donna non accadrebbe nulla, qualora l'esplosione avvenisse lontano da lei. E se dovesse avvenire nelle sue vicinanze... non avrebbe importanza, poiché per la sequestratrice la morte è un'opzione accettabile.

Romanzo d'esordio per Gabriella Grieco, che punta tutto su un thriller veloce e dalla tensione costante. Cosa vorrà quella donna dai tre uomini che ha preso astutamente come prigionieri? La risposta non tarderà ad arrivare, ma questo non rovinerà la componente thriller che non verrà intaccata fino al finale (che, invero, è stata la parte che ho apprezzato di meno).
Un più che discreto romanzo d'esordio, che fa rimanere il lettore incollato sulla poltrona per tutta la (breve) durata della storia.
Sinceramente c'è ancora da limare qualcosa, ma la bravura della Grieco è innegabile.

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giovedì 8 maggio 2014

IL TRONO DI SPADE - GEORGE R.R. MARTIN

Scritto nel 1996, pubblicato in Italia da Mondadori nel 1999

Dalla quarta di copertina: In una terra fuori dal mondo, dove le estati e gli inverni possono durare intere generazioni, sta per esplodere un immane conflitto. Sul Trono di Spade, nel Sud caldo e opulento, siede Robert Baratheon. L'ha conquistato dopo una guerra sanguinosa, togliendo all'ultimo folle re della dinastia Targaryen, i signori dei draghi. Ma il suo potere è ora minacciato: all'estremo Nord, la barriera - una muraglia eretta per difendere il regno da animali primordiali e, sopratutto, dagli Estranei - sembra vacillare. Si dice che gli Estranei siano scomparsi da secoli. Ma se è vero, chi sono allora quegli esseri con gli occhi così innaturalmente azzurri e gelidi, nascosti tra le ombre delle foreste, che rubano la vita, o il senno, a chi ha la mala sorte di incontrarli? Il trono di spade, primo romanzo della saga "Le cronache del Ghiaccio e del Fuoco", narra di duelli e amori, corti sinuose e lande desolate. E come un vero poema epico intreccia le storie individuali in un grandioso affresco dal ritmo coinvolgente e rapinoso.

Il fantasy non è mai stato il mio genere preferito e, letto "Il signore degli anelli" con annessi film, ero convinto che non mi sarei più addentrato in questo mondo. Poi è uscito il telefilm "Il trono di spade" e devo dire che la cosa mi aveva lasciato abbastanza tiepido (traduzione: non me ne fregava una mazza). Questo fino al mese scorso. Stalkerizzato da un mio amico, ho deciso di vedere il primo episodio della prima stagione:"L'inverno sta arrivando"... e un mondo mi si è improvvisamente aperto. A metà della prima stagione ho deciso di comprare questo libro, primo dei dodici finora usciti (nell'edizione italiana) e ora che l'ho terminato non vedo letteralmente l'ora di iniziare il secondo.
Il fantasy continuo a non amarlo, ma c'è da dire che queste Cronache del Ghiaccio e del Fuoco (vero nome dell'antologia di romanzi) di fantasy non ha poi molto. Gli esseri leggendari vengono posti in secondo piano rispetto alle vicende umanissime che compongono ormai da millenni le lotte per il potere. Già da ora capisco che la trama dei lavori di Martin non è per tutti, come non è per tutti la descrizione dei personaggi, estremamente multi-sfaccettati e, finalmente, "reali". Tra le pagine di questo libro non troverete infatti personaggi messi lì solo per allungare il brodo. Tutti loro hanno un motivo di esistere, un passato estremamente complesso e un futuro incerto (gli eroi possono non sopravvivere e non è certo detto che il male soccomba... ammesso che si capisca cos'è davvero l'eroismo o che tra bene e male ci sia una differenza).

Sono solo al primo dei tanti libri di queste cronache, ma credo di poter già dire che questa serie di romanzi piacerà più agli amanti della fantapolitica che a quelli del fantasy puro. Con questi sette regni in lotta per la supremazia, ci sarà da divertirsi (e da soffrire).

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mercoledì 23 aprile 2014

L'ACCHIAPPASOGNI - STEPHEN KING

Pubblicato da Sperling&Kupfer nel 2001
Dalla quarta di copertina: Amici fin dall'infanzia, Henry, Jonesy, Beav e Pete hanno preso da adulti strade diverse, però non rinunciano al loro appuntamento annuale nel Maine, là nella baita dove ondeggia quel curioso oggetto indiano chiamato acchiappasogni. Ma stavolta li aspetta una brutta avventura: il cielo preannuncia una tempesta di neve e nel folto del bosco si aggira qualcuno (o qualcosa) che amerebbe tanto abitare sulla Terra. E quando si scatena la bufera... L'orrore è davvero senza nome? O esiste nel momento in cui noi gliene diamo uno?

E dopo la quarta di copertina più inutile del mondo, incominciamo a parlare di questo romanzo dell'inossidabile Re del brivido, scampato per un pelo a un investimento mortale (estate 1999) che lo ha segnato gravemente nel fisico ma, allo stesso tempo, gli ha donato la linfa creativa dei bei tempi andati. Sì, perché "L'acchiappasogni" è il primo romanzo post incidente e la differenza con i romanzi immediatamente precedenti (Primo tra tutti lo squallido "La bambina che amava Tom Gordon") si vede tutta. 
Non che questo romanzo sui soliti alieni invasori sia da "top ten Kinghiana", ma qui finalmente scompare gran parte dell'inutile deriva buonista che aveva caratterizzato alcuni degli ultimi lavori novecenteschi del Re. 

In questo romanzo sembrano rivivere tutti i maggiori lavori di King: "Shining", "Il corpo", "Cose preziose" e sopratutto "IT", citato ampliamente tra le pagine e che condivide la stessa struttura, basata su continui salti temporali e sull'amicizia dei cinque protagonisti, prima ragazzini e poi adulti. Proprio uno dei cinque ragazzi: Duddits, affetto dalla sindrome di down sarà colui che veicolerà le parti di maggior spessore del libro, senza cadere in stupide banalità buoniste dovute al suo stato.
Per il resto la storia è buona e, nonostante la solita grossa mole di pagine, non annoia il lettore. Pur non arrivando a vette assolute, questo romanzo di fantascienza con tocchi horror, non dovrebbe dispiacere ai fan di Stephen King.


giovedì 17 aprile 2014

VELOCE REQUIEM PER GABRIEL GARCIA MARQUEZ

Hai scritto quello che forse è il più bel libro della letteratura mondiale. Sicuramente il più bello che io abbia mai letto.

Grazie per tutta la poesia che ci hai donato


giovedì 27 marzo 2014

FUMETTI CHE PASSIONE - MARCO TRAVAGLIO ZOMBI

Ammettiamolo, ultimamente gli zombie hanno rotto parecchio. Credo che il problema principale di questi cadaveri viventi della tradizione voodoo, riscoperti, modificati e resi celebri da George Romero, sia la banalità di fondo.
In poche parole, se hai visto "La notte dei morti viventi" del 1968, hai visto il 90% dei film sugli zombie. Un'accozzaglia di pellicole sempre estremamente simili che, a parte rare eccezioni, poco hanno dato per contribuire alla crescita di quello che ormai è diventato un mostro storico del cinema e del fumetto.
Qualcuno ha provato a farli correre, qualcuno ha provato a farli parlare, qualcuno ha cercato di riderci su, ma la minestra in questi quasi cinquant'anni non è cambiata molto: un'apocalisse di morti viventi affamati di carne umana contrastata da pochi superstiti (solitamente americani e strafighi) che cercano di metterci una pezza e salvare la pelle.
E qui sta la novità di "Marco Travaglio Zombi"... l'autore, Stefano Rapone" non ha deciso di modificare la solita banale storia zombesca, no, ha deciso di modificare lo zombi. O meglio, di caratterizzarlo. In queste (finora) poche pagine Rapone ha tirato in ballo il "meglio" della televisione italiana, creando un genuino senso di stupore nel lettore, mischiato a un divertimento a cui è impossibile resistere (a patto di avere un po' di pelo sullo stomaco... e odiare intensamente Barbara D'urso).
Finora questo fumetto, pubblicato online a questo link, è composto da tre parti, con tre importanti giornalisti italiani come protagonisti: Marco Travaglio, Maurizio Belpietro ed Enrico Mentana, ognuno più riuscito dell'altro e la sensazione è che i prossimi capitoli non possano far altro che migliorare il risultato finale.
"Marco Travaglio Zombi" rischia di essere una pagina storica della satira italiana, ma forse ancora è presto per dirlo.
Io sono fiducioso.

Pagina Facebook di "Marco Travaglio Zombi": https://www.facebook.com/marcotravagliozombi?fref=ts

martedì 25 marzo 2014

LE PIU' BELLE FIABE POPOLARI ITALIANE

Edito da Newton Compton Editori nel 2003. Riproposto nel 2013

Dalla quarta di copertina: Le fiabe italiane sono tra le più ricche di fantasia e di creatività dell'intera produzione mondiale. Presentiamo in questa antologia un'accurata selezione delle favole popolari di tutte le regioni d'Italia, una tradizione culturale che si compone di migliaia e migliaia di racconti magici, in origine resi e tramandati spesso nei dialetti, straordinariamente espressivi; perle di rara bellezza, veri e propri tesori letterari, cominciando da quel capolavoro di tutti i tempi che è "Lo cunto de li cunti" di Giambattista Basile, napoletano, costituito da storie meravigliose di fate, orchi, magie, incantesimi, principesse rapite e animali fantastici, in cui spesso irrompe il realismo della vita quotidiana con effetti gradevoli e bizzarri. 
I nostri capolavori fiabeschi sono spesso ignorati; costituiscono invece un patrimonio culturale di eccezionale valore di cui dobbiamo riappropiarci, specialmente oggi, quando non esistono più momenti di raccoglimento privati, e la televisione e i social network invadono il nostro tempo libero. Leggendo, raccontando, citando una fiaba popolare, riscopriamo speranza e ottimismo. Infatti, come dice una canzone siberiana: "Un popolo che non racconta più fiabe è destinato a morire di freddo".

Chi mi conosce non lo direbbe, ma da sempre sono un grande appassionato di fiabe provenienti da tutto il mondo. Nella mia personale biblioteca fanno bella mostra le storie raccolte dai fratelli Grimm, quelle raccolte da Nelson Mandela nel suo "Le mie fiabe africane" già recensito in questo blog, poi potrei citare Esopo, le Mille e una notte, le storie di fantasmi giapponesi e altri ancora.
Questo perché credo che la cultura di un popolo passi obbligatoriamente attraverso la sua fantasia, e cosa c'è di più fantasioso di una fiaba?
In questa raccolta curata dall'Antropologa romana Cecilia Gatto Trocchi, c'è spazio per 158 fiabe provenienti da tutta italia. Un vero e proprio melting pot di cultura popolare dello stivale, con tutte le sue differenze regionali, i miti, le credenze, che nei secoli hanno contribuito a rendere questo paese così sfaccettato e unico.
Ora, nel periodo d'oro della tecnologia, le differenze, così importanti nel passato, si stanno irrimediabilmente perdendo. Forse è inutile cercare di combattere questo progresso, ma credo sia vitale non dimenticare chi eravamo. In questo anche le fiabe hanno la loro importanza, e vederle lentamente morire dimenticate è un po' come far morire una parte di noi. Una parte che, nel bene e nel male, non tornerà mai più.

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domenica 9 marzo 2014

L'UOMO DEI CERCHI AZZURRI - FRED VARGAS

Scritto nel 1991, pubblicato in Italia da Einaudi nel 2007

Dalla quarta di copertina: Sui marciapiedi di Parigi vengono tracciati da mesi strani cerchi con il gesso azzurro. In mezzo ai cerchi, un tappo, un portachiavi, un gatto... Giornalisti e psichiatri si divertono a discuterne, ma il commissario Adamsberg, appena trasferito a Parigi, pensa che non ci sia proprio nulla da ridere. Lui lo sente, lo sa, che quei segni trasudano crudeltà. E aspetta. Aspetta che nel cerchio azzurro compaia il primo cadavere.

Adoro lo stile di Fred Vargas, pseudonimo della scrittrice e archeologa francese Frédérique Audouin-Rouzeau. Adoro i suoi personaggi che sembrano scaturire da un mondo quasi fiabesco, i suoi dialoghi al limite (e spesso al di là) del grottesco, le sue descrizioni mai banali.
Questo fu il primo libro dedicato al commissario Adamsberg, nativo dei Pirenei e trasferito a Parigi grazie alle sue doti da strano segugio. Un protagonista parecchio sopra le righe, che con la sua aura affascinante non fatica certo nel rimanere magnetico, proprio come il comprimario Danglar: avvinazzato ispettore di mezza età, dalla grande cultura e padre scapolo (in realtà la moglie è scappata con l'amante) di 5 figli.
Le pagine scorrono via senza che il lettore quasi se ne accorga. Il mistero è ben congeniato e la semplice azione di una mano anonima che traccia cerchi nelle strade di Parigi con un gesso azzurro basta incredibilmente a mantenere alta l'attenzione. Strano ma vero, la stessa inizia a scemare proprio quando nei cerchi vengono ritrovati i primi cadaveri. Qui la storia non si separa molto dai classici gialli alla Agatha Christie e le vicende assumono un qualcosa di già letto, pur rimanendo fedeli alla poetica della scrittrice francese.
Il finale è piuttosto inverosimile e forse troppo artificioso, ma nel complesso funziona più che bene. Francamente ho preferito l'unico (fino ad ora) altro romanzo letto con protagonista Adamsberg: "La cavalcata dei morti", ma devo dire che dopo questo "Uomo dei cerchi azzurri", la voglia di tuffarmi in altre imprese del commissario Parigino di origine pirenaica è aumentata a dismisura.
Consigliato.

Dallo stesso autore: La cavalcata dei morti

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giovedì 6 marzo 2014

IL SALE - JEAN BAPTISTE DEL AMO

Scritto nel 2010, pubblicato in Italia dalla Neo edizioni nel 2013

Dalla quarta di copertina: Il sale narra di un'unica giornata della vita di Louise e dei suoi tre figli, Jonas, Albin e Fanny. Vite legate e corrose dalla salsedine portata dal mare della cittadina francese di Sète. 
Col pretesto di una cena, l'anziana madre decide di riunire i figli, ormai adulti e lontani, nella casa paterna. Sembra una tranquilla occasione per rivedersi, ma l'attesa dell'incontro assume per ognuno di loro le forme di un confronto definitivo. Il ciclo di un giorno si dilata nelle voci e nei ricordi dei protagonisti, fino a raggiungere la consistenza e la sostanza di intere esistenze. Ciascuno sprofonderà nel proprio passato e nei ricordi di una storia familiare problematica e misteriosa. A far da sfondo, la figura del padre, ormai morto, eppure personaggio centrale, ancora capace di proiettare la sua ombra sulla vita di tutti.

Gli editori abruzzesi della Neo, di cui abbiamo già parlato molte altre volte, hanno il merito di aver portato in Italia una nuova voce della narrativa francese di innegabile talento. Questo giovane Jean Baptiste Del Amo, già vincitore di importanti premi letterari d'oltralpe, ci presenta un romanzo scritto dannatamente bene (complimenti anche al traduttore, che deve aver compiuto un lavoro molto difficile) su una famiglia e sui suoi segreti nascosti. Questo è un libro che deve essere letto con l'attenzione che merita per non rischiare di perdersi negli innumerevoli salti temporali compiuti dalla memoria dei diversi protagonisti. Quasi tutto il romanzo è giocato infatti sull'insidiosa china del flashback e il rischio per un lettore poco attento sarà quello di perdersi nei meandri delle tante storie raccontate. Piccole storie che messe assieme daranno un quadro generale di questa triste famiglia e sopratutto del suo patriarca ormai scomparso: Armand, un uomo imperscrutabile e vagamente terrorizzante, figlio di una vita dura e meschina.
Armand è forse il personaggio principale, ma la verità è che ogni personaggio viene descritto in maniera incredibilmente realistica. Merito della naturale destrezza di questo giovane scrittore e di certo di un grande lavoro di approfondimento psicologico.
L'unica critica che si può muovere a "Il sale" è forse quella di essere un grande esercizio di stile con poco costrutto. La parte finale forse lascia un po' amareggiati proprio perché di finale non si può parlare, facendo rimanere il romanzo in un limbo da "finale aperto". Colpa di Del Amo? No, colpa del lettore ormai abituato a cercare sempre una chiusura a effetto, allo spiegone da film Hollywoodiano. La verità è che la storia di una famiglia, qualunque essa sia, non può certo avere un finale certo e statico, ma mutabile e fatto sopratutto di ricordi.
E in questo Jean Baptiste Del Amo è stato un maestro.

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giovedì 20 febbraio 2014

CIELO DI SABBIA - JOE R. LANSDALE

Pubblicato da Einaudi nel 2011

Dalla quarta di copertina: Oklahoma, anni trenta. Jack ha appena finito di seppellire entrambi i genitori e si aggira tra le rovine della sua casa, distrutta da una delle tempeste di sabbia che sconvolgono lo Stato. Viene raggiunto da Jane e Tony, fratello e sorella. Anche loro hanno perso tutto quello che avevano, e vagano in un mondo senza vita, nel quale ogni cosa, dalle piante al cibo, è sommersa sotto uno strato di polvere rossa. Ai tre ragazzi non rimane che rubare una macchina (il cui padrone è morto anche lui nella tempesta) e partire alla volta del Texas orientale, nella speranza di trovare pace e un'occasione per ricominciare a vivere. Ma la strada fino in Texas si rivelerà lunga e tortuosa: rapinatori e vagabondi, cavallette e alligatori, deliziose vedove e spietati sfruttatori. I tre ragazzi saranno costretti a crescere e a confrontarsi con quel misto inestricabile di malvagità e solidarietà che alberga in ogni essere umano.

Romanzo di formazione di facile lettura e non del tutto soddisfacente, questo di Lansdale, che lancia nella mischia di una America in piena depressione un pugno di ragazzini svegli (ma non troppo) e un insieme di personaggi di contorno molto più riusciti dei protagonisti.
In queste pagine si respira aria di grande epopea (dalle piaghe d'Egitto, a Giasone e gli Argonauti, passando anche per l'Odissea), ma il risultato è ovviamente inferiore, pur rimanendo una buona lettura.
Il linguaggio usato è piuttosto semplicistico (per non dire sempliciotto) visto che il narratore è Jack, un ragazzino quasi illetterato, e il suo modo di fondere assieme umorismo e grande tragedia coglie nel segno. I suoi due compagni di viaggio: il piccolo Tony e la bugiarda patologica, nonché conturbante, Jane, rimangono simpatici come e più del protagonista. Ma la vera forza di questo romanzo (quasi l'unica forza, direi) è rappresentato dai personaggi di contorno: un nugolo di persone fuori dalle righe, descritte in maniera semplice e riuscitissima che, magari in poche pagine o in pochi attimi di apparizione, riescono a far presa sulla storia e a non lasciarla più.
In definitiva un discreto romanzo di viaggio che si legge in due o tre giorni, provoca qualche sobbalzo e ha un buon finale. Nulla di più.

Dallo stesso autore: Drive in

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lunedì 17 febbraio 2014

DOCTOR SLEEP - STEPHEN KING

Pubblicato da Sperling&Kupfer nel 2014

Dal risvolto di copertina: Perseguitato dalle visioni provocate dallo shining, la luccicanza, il dono maledetto con il quale è nato, e dai fantasmi dei vecchi ospiti dell' Overlook Hotel dove ha trascorso un terribile inverno da bambino, Dan ha continuato a vagabondare per decenni. Una disperata vita on the road per liberarsi da un'eredità paterna fatta di alcolismo, violenza e depressione.
Oggi finalmente è riuscito a mettere radici in una piccola città del New Hampshire, dove ha trovato un gruppo di amici in grado di aiutarlo e un lavoro nell'ospizio in cui quel che resta della sua luccicanza regala agli anziani pazienti l'indispensabile conforto finale. Aiutato da un gatto capace di prevedere il futuro, Torrance diventa Doctor Sleep, il Dottor Sonno.
Poi Dan incontra l'evanescente Abra Stone, il cui incredibile dono, la luccicanza più abbaiante di tutti i tempi, riporta in vita i demoni di Dan e lo spinge a ingaggiare una poderosa battaglia per salvare l'esistenza e l'anima della ragazzina. Sulle superstrade d'America, infatti, i membri del Vero Nodo viaggiano in cerca di cibo. Hanno un aspetto inoffensivo: non più giovani, indossano abiti dimessi e sono perennemente in viaggio sui loro camper scassati. Ma come intuisce Dan Torrance, e come imparerà presto a sue spese la piccola Abra, si tratta in realtà di esseri quasi immortali che si nutrono proprio del calore dello shining. Uno scontro epico tra il bene e il male, una storia agghiacciante e meravigliosa, un ritorno al fantastico e all'horror dei primi lavori di King. Doctor Sleep inquieta e fa paura, ma sopratutto commuove ed emoziona.

Atteso sequel del famosissimo Shinig, scritto nel lontano 1977 e portato sul grande schermo da Kubrick nel 1980. Questo "Doctor Sleep" mostra certamente un King più maturo e consapevole dei propri mezzi (e ci mancherebbe... 37 anni e decine di romanzi non sono passati invano), ma anche con uno stile meno energico e che difficilmente riesce a prendere il lettore come dovrebbe.
Le vicende di Dan Torrance ormai cresciuto e in lotta per uscire dall'alcolismo "ereditato dal padre" risultano a tratti troppo stucchevoli e "l'epico scontro tra il bene e il male" proposto nel risvolto di copertina, non esce dal solito seminato kinghiano, con il protagonista attorniato da pochi buoni (come sempre ragazzini e anziani... e adulti impotenti a fare da contorno) in lotta contro i malvagi. Malvagi che si finisce col compatire più che con l'odiare. Dopotutto i loro crimini orrendi sono dettati dalla sopravvivenza più che dalla crudeltà e non sono peggiori di quelli di un leone che uccide una gazzella per poter sfangarla un altro giorno nella selvaggia savana.
Diverso il discorso per quanto riguarda il potere di Dan che da il titolo al libro. Riuscitissime e molto commoventi le scene dell'ospizio, dove si evince una rispettosa paura di King (classe 1947) per una morte che forse inizia a sentire non poi così lontana (ricordo inoltre che lo scrittore del Maine rischiò di morire investito nel 1999. Cosa che, parole sue, ha cambiato per sempre il suo concetto di morte). In ogni caso le pagine che vedono il "dottor" Torrence intento ad attenuare paure e dolori degli anziani morenti grazie allo shine e a un placido gattone seduto ai piedi del letto (il personaggio migliore, secondo me), sono le uniche davvero riuscite e valgono il prezzo di copertina.

In definitiva "Doctor Sleep" è un discreto libro, ma non certo un capolavoro. Irrinunciabile la lettura se siete fan del Re del brivido. Gli altri optino per il sempre-verde "Shining".

Dallo stesso autore: Colorado KidJoylandShiningLa leggenda del ventoNotte buia, niente stelle22/11/63L'acchiappasogni

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venerdì 14 febbraio 2014

RICORDI DI UNA SERA DI TANTO TEMPO FA

Non sono mai stato un grande fan degli Skiantos. Non che non mi piacessero, soltanto non li ho mai ascoltati con la dovuta attenzione. Di sicuro non con l'attenzione che meritavano.
Di loro ricordo soltanto una notte in Germania di qualche anno fa. Ero in gita con la scuola e io e un mio amico restammo svegli ore a sentire i tuoi pezzi. Oggi non saprei dire perché.
Dopo le superiori persi di vista il mio amico, dopotutto abitiamo in paesi diversi e frequentiamo giri diametralmente opposti. Poi, mercoledì 12 Febbraio, ci siamo ribeccati quasi per caso e abbiamo cominciato a chiacchierare dei bei tempi andati, tra cui quella serata di quasi dieci anni fa e della tua musica, a cui non pensavo da allora.
Tornando a casa, relativamente ubriaco e gonfio di nostalgia, ho trovato il tempo di farmi un giro in rete (la vera droga di questi tempi) e ho scoperto della morte di Roberto "Freak" Antoni. Ci misi qualche secondo a capire che si trattava di te.
Non voglio fare un requiem o qualche altra cazzata del genere. Non sono mai stato un tuo fan e poi gli interventi lacrimosi mi fanno incazzare.
Però certo che la vita è strana... sembra quasi prenderti perennemente per il culo (e toglierei il "sembra").


venerdì 31 gennaio 2014

L'INVERNO DI FRANKIE MACHINE - DON WISLOW

Scritto nel 2006. Pubblicato da Einaudi nel 2008

Dalla quarta di copertina: A sessant'anni e rotti, quando non è costretto a dedicarsi a uno dei suoi tre lavori - vendere esche dal suo capanno sul molo di San Diego, rifornire di pesce e tovaglie i ristoranti della zona, amministrare alcuni condomini - Frankie Machianno esce ancora a fare surf. Possibilmente all'Ora dei Gentiluomini, quando i giovani rampanti sono andati al lavoro lasciando le onde a chi può permettersi altri orari, cioè ai gentiluomini.
Ormai sono anni che ha cambiato vita. Ma quando un vecchio boss gli si presenta a chiedere un favore, Frankie Machine non può rifiutarglielo. Anche se questo significa ripiombare nel giro. 
Qualcuno dal suo lontano passato lo vuole morto. A pensarci bene la lista dei possibili candidati potrebbe essere lunghissima. Ma Frank ha le ore contate...

Banale, fin troppo scontato e a tratti parecchio confusionario. Questo romanzo di Wislow va a pescare nella già abusata corrente thriller che vede un "vecchio terribile" ormai in pensione che, suo malgrado, viene tirato in mezzo e deve farsi largo accumulando cadaveri fino all'immancabile twist finale. Frank Machianno, ex assassino della mafia italo-americana, preciso e letale come una macchina (da qui il soprannome "Machine"), ma in fondo di buon cuore è un personaggio trito che tenta disperatamente di accattivarsi la simpatia del lettore o almeno la sua empatia. Vedendo molte recensioni positive, credo che sia riuscito nel suo scopo, ma non ne capisco il motivo. "L'inverno di Frankie Machine" è divertente da leggere (malgrado la scontatezza e l'incoerenza di alcuni episodi), ma non è un buon romanzo. I personaggi secondari, oltre a essere stereotipati come il protagonista, sono descritti davvero male (cosa che mi ha molto sorpreso, visto che negli altri romanzi di Wislow questo non accade) e il finale è davvero pessimo sotto ogni punto di vista (ma questo è un viziaccio al quale lo scrittore americano ci aveva già abituati).
In definitiva, se siete fan di Wislow, leggervi questo romanzetto non vi farà male. Se volete leggere una sola opera di questo autore, vi consiglio di concentrarvi sul bellissimo: "Il potere del cane"... e di fermarvi a quello.

Dallo stesso autore: Il potere del caneI re del mondoLe belve

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martedì 21 gennaio 2014

LE BELVE - DON WISLOW

Pubblicato da Einaudi nel 2011

Dal risvolto di copertina: Ben e Chon sono amici per la pelle: un genio delle economie di scala e un prodigio di forza fisica e addestramento militare.
Diversi, complementari, accomunati dalla stessa filosofia - vivi e lascia vivere - condividono tutto, inclusa Ophelia, la ragazza dei loro sogni. In California hanno creato un piccolo regno coltivando e smerciando un prodotto speciale: la miglior marijuana degli Stati Uniti. Ora, però, la loro remunerativa attività è finita nel mirino dei cartelli messicani. Che hanno un modo tutto loro di comunicare le proprie intenzioni: spedire un video nel quale mostrano la sorte riservata a chiunque non si conformi alla loro volontà.
A Ben e Chon non restano che due alternative: incassare i dividendi e ritirarsi in buon ordine o accettare la sfida in campo aperto e prepararsi a una battaglia senza esclusione di colpi, nella quale a essere in gioco non sarà solamente la loro impresa commerciale, ma la loro stessa vita.

Ammettiamolo pure; il caro Don Wislow è un furbacchione. Uno di quegli artisti che trova una nicchia perfetta per loro e lì rimangono, senza sognarsi neppure di cercare nuove strade per poter ampliare il loro talento. E vi assicuro che questo scrittore di talento ne ha tanto.
Rimasi affascinato durante la lettura de: "Il potere del cane", uno dei migliori crime-thriller in cui mi sia mai imbattuto, stessa storia per questo "Le belve", dove si vedono per la prima volta in azione il riuscitissimo trio: Ben, Chon e O, protagonisti anche del prequel già recensito in questo blog: "I re del mondo". Il problema è che tutto sembra una minestra riscaldata.
Nulla da ridire da un punto di vista della qualità oggettiva. Il libro è adrenalinico, scritto bene, ricco di colpi di scena e di personaggi riusciti che rimangono in mente al lettore, ma da un autore dal talento indiscusso come Wislow è lecito aspettarsi qualcosa di più della solita guerra tra narcotrafficanti cattivi e americani alti, belli e coraggiosi. Capisco che la guerra della droga che insanguina le strade messicane e del sud degli stati uniti sia un argomento affascinante da affrontare per uno scrittore che trabocca thriller da ogni poro, ma non ci si può fermare a questo.
Consiglio comunque a chi voglia addentrarsi nella scoperta del violento mondo dello scrittore newyorkese d'origine e californiano di adozione, di iniziare con questo libro o con il prequel di questo: "I re del mondo" (o magari con un altro dei suoi lavori più conosciuti: "L'inverno di Frankie Machine" che io non ho ancora letto) e di lasciarsi "Il potere del cane" come ultima grandiosa portata di un ottimo narratore a cui però manca quel pizzico di coraggio per essere davvero grande.

PS: Nel 2012, Oliver Stone ha girato un film dal titolo omonimo tratto proprio da questo libro.

Dallo Stesso autore: Il potere del caneI re del mondoL'inverno di Frankie Machine.

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martedì 14 gennaio 2014

GRANDI FILM SOTTOVALUTATI (32) - L'UOMO CHE VENNE DALLA TERRA

L'UOMO CHE VENNE DALLA TERRA
Anno: 2007
Genere: Drammatico/Fantascienza
Provenienza: USA
Regia: Richard Shenckman

Il professore di storia, John Oldman (David Lee Smith) ha lasciato il lavoro ed è in procinto di partire. Alcuni suoi colleghi decidono di andare a casa sua per una sorta di festa d'addio a sorpresa. Alle continue richieste di spiegazioni sul perché di questo cambio di rotta dopo dieci anni di carriera universitaria, Oldman spiega di essere un uomo di Cro-Magnon che misteriosamente non può né invecchiare né morire e che nella sua millenaria vita ha conosciuto personaggi storici come Hammurabi,Cristoforo Colombo e Vincent Van Gogh . 
Il professor Oldman è un uomo primitivo immortale, un pazzo o solo un fantasioso burlone?

Questo film, girato con un budget da fame, sembra una sorta di rappresentazione teatrale piuttosto che una pellicola cinematografica. Girato quasi interamente in un interno spoglio e oscuro con attori che rimango statici per la maggior parte del tempo, il pericolo "noia" è sempre in agguato, ma non arriva mai. Merito di una sceneggiatura solida e dei dialoghi che rapiscono lo spettatore e lo portano a vivere un viaggio lungo quattordicimila anni.
Non sappiamo se il professore sia davvero un nostro antico antenato diventato immortale per qualche strano scherzo del destino, un pazzo mitomane o soltanto un burlone estremamente fantasioso, ma le sue parole risultano sempre più convincenti e finiamo per credergli. Perfino i suoi amici e colleghi, uomini di scienza e di ragione, tentennano davanti alla sua convinzione. Nel finale il mistero si risolverà (ovviamente non intendo dire in che modo) e quella forse risulterà essere la scena meno riuscita. A volte i film pretendono un finale aperto e la voglia di svelare l'arcano finisce per snaturarli, come in questo caso.
Toccanti e drammatici i ragionamenti inerenti la morte e la religione, sopratutto per il fatto che lo sceneggiatore, Jerome Bixby, ha scritto realmente gran parte di questo film in punto di morte e riesce a elicitare la paura (ma anche la speranza) per quest'ultima in una maniera davvero realistica, a volte quasi brutale.
In conclusione un film toccante, girato con pochi mezzi e con ancor meno soldi. A volte al cinema non si può né si deve chiedere di più. Consigliato.

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